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Le mappe nel mondo antico. La Tabula Peutingeriana (Parte IV) - Blog di Storia e Archeologia

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Le mappe nel mondo antico. La Tabula Peutingeriana (Parte IV) - Blog di Storia e Archeologia

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La sua importanza riconosciuta è fondamentale per la conoscenza del mondo antico, come precedentemente esposto (parti I, II e III), ma quando fu compilata?

La copia attuale della Tabula è stata realizzata quasi sicuramente tra il XII e il XIII secolo e.v. da un ignoto copista che ne realizzò una copia a partire da un originale romano ormai perduto. Tutt’oggi si discute la sua provenienza e identità, ma una delle ipotesi più accreditate la attribuisce, pur senza prove sicure, al un certo monaco Conrad di Kolmar che nel 1265 scrisse nelle memorie del monastero di aver copiato una mappa antica molto grande: chiaramente non una prova sufficiente per fugare ogni dubbio sulla paternità.

L’originale romano, per quello che si può dedurre dalla copia medievale, presenta lo stile tipico del IV secolo e.v. Le vignette utilizzate per le tre città principali, Roma, Costantinopoli e Antiochia, sono simili a quelle visibili sulle monete coeve, inoltre lo scudo di Dura Europos rappresenta allo stesso modo la linea di costa e le località. La presenza di Costantinopoli con questo nome pone un termine post quem, prima del quale la mappa non può essere stata redatta, ovvero il 330 e.v., anno in cui l’antica Bisanzio venne rifondata da Costantino che le diede il suo nome. La menzione di San Pietro è necessariamente posteriore al 322 e.v., mentre la rivista importanza di Nicea, centro altrimenti di scarsissima rilevanza, è certamente dovuto al concilio del 325 e.v. La presenza del famoso tempio di Apollo ad Antiochia ci ricorda invece la data del 362 e.v., quando esso, insieme allo splendido bosco di lauri che lo adornava, venne dato alle fiamme dai cristiani e mai più ricostruito; il suo ricordo però dovette perdurare ancora per qualche anno nelle suggestioni dei viaggiatori. D’altronde, la presenza di popoli barbari quali Franchi, Svevi e Alamanni, che in questo periodo si affacciavano alle soglie dell’Impero, ne conferma la datazione, così come il linguaggio tardo con molte licenze grammaticali, imputabili però anche al copista medievale.

È dunque risalente al IV secolo l’originale? Non si possono in questo caso menzionare, oltre al già citato scudo di Dura Europos (risalente al III secolo e.v.), altre mappe di epoche precedenti il cui stile o contenuti potrebbero aver influenzato la Tabula: la Forma Urbis del II secolo, legata alla riforma della rete viaria operata da Settimio Severo, gli svariati itineraria picta, ovvero carte geografiche disegnate, contrapposte agli itineraria adnotatache erano solo scritti, di cui ci narra Vegezio, l’Itinerarium Antonini e l’Itinerarium Burdigalense, entrambi del III-IV secolo e facenti parte della seconda categoria, e infine l’Orbis Pictus, la grande mappa del territorio romano voluta da Augusto, innovativa per il suo sviluppo longitudinale, come la Tabula Peutingeriana, che molti ritengono essere quanto meno ispirata ad essa, se non una copia con integrazioni.

Non ne conosciamo l’autore, ma alcuni ipotizzano essere un certo Castorius, citato più volte dall’Anonimo Ravennate come autore di una grande mappa; taluni studiosi ritengono invece che avrebbe origine orientale, in quanto le regioni dell’Asia Minore sono tra le meglio rappresentate e ricche di dettagli.

Ritrovata a Vienna dallo studioso Celtes nel 1507, che la lasciò in eredità al cancelliere Peutinger, venne pubblicata molto dopo la morte di questi nel 1598 da Welser, che ne restituì una copia di fondamentale importanza, in quanto ad oggi alcune parti oggi risultano in essa meglio conservate e quindi leggibili rispetto al manoscritto originale. Se ne persero le tracce fino al 1714, quando il canonico Peutinger, discendente del cancelliere, la vendette ad un antiquario. Fu acquistata nel 1720 da Eugenio di Savoia; alla sua morte la Biblioteca Reale di Vienna acquistò la sua biblioteca, perciò anche la Tabula divenne parte integrante della collezione, assumendo di nome di Codex Vindobonensis 324.

Nel corso dei secoli ebbe numerose riedizioni e copie, si può ad esempio ammirarne oggi una al museo del sito archeologico di Aquincum a Budapest, oppure digitalmente sul sito Mappedimappe o creando un itinerario su Omnesviae.

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